Dio ha parlato ai patriarchi per mezzo dei profeti

07.06.2021

Quante volte abbiamo letto nella Bibbia che Dio ha parlato ai patriarchi? In pochi si chiedono come effettivamente questo "dialogo" fra Dio e un patriarca abbia avuto luogo. 

Nel libro dei Numeri al capitolo 12, Dio dice al popolo, per mezzo di Moshèh, che ai profeti rivolgeva il Suo oracolo tramite un sogno o una visione. Con Moshèh, invece, lo faceva diversamente, con chiarezza e senza enigmi (Nu 12:8).1 Eppure anche Moshèh era un profeta, tuttavia più privilegiato degli altri al punto da essere invidiato da suo fratello Aharon e sua sorella Miryam.

Ecco, abbiamo appena appreso in che modo Dio si rivolgeva ai profeti, le modalità per mezzo delle quali il Signore rivelava il Suo messaggio ai Suoi inviati: sogni e visioni. Ma queste modalità Dio le usava anche con i patriarchi? Sì, ma non solo.

Quando Abraham fu chiamato per la prima volta, sappiamo che Dio in qualche modo gli ha parlato; qualcuno deve avergli pur detto concretamente: "Abram, vai via da Ur dei Caldei, e dirigiti verso la terra che io ti indicherò strada facendo". Successivamente anche lui, come i profeti, ebbe l'esperienza di incontrare Dio in un sogno, come anche il nipote Yaaqov con il suo sogno della scala o con il sogno del messaggero divino che gli aveva rivelato il "trucco" per far nascere dei capi di gregge con particolari caratteristiche fisiche (ma questo sogno non contiene profezie).

Quante volte nella Genesi in particolare leggiamo di Dio, Yehwàh, che rivolge la parola a un patriarca? E quando non si parla esplicitamente di un sogno o una visione, come avvengono il contatto e il dialogo?

La risposta a questa domanda ci viene dal Nuovo Testamento, il quale ci suggerisce una chiave di lettura che la stragrande maggioranza dei lettori della Bibbia ignora: Dio parlò anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti (Eb 1:1).

Adesso, sorge spontanea la seguente domanda:

  • Se Dio ha parlato ai patriarchi per mezzo dei profeti, vuol dire che quando Dio parlava ad Abraham o a Yaaqov lo faceva per mezzo di un Suo profeta?

Ora, se 2 + 2 fa veramente 4 la risposta alla domanda di cui sopra è assolutamente sì. E' anche vero che Abraham è stato definito da Dio stesso come "profeta" (Gn 20:7), ma non profeta alla stessa maniera di Isaia, Ezechiele o Geremia. La Scrittura non ci ha tramandato nessuna profezia di Abraham, e meno che mai di Ya'aqòv o degli altri patriarchi o matriarche; pertanto, il suo essere profeta non è da correlare al concetto di profezia che siamo abituati a intendere. Esaminando il contesto di Genesi 20, apprendiamo che le donne filistee della città di Gherar erano state colpite dalla piaga della sterilità a causa del fatto che il re Abimelek prese in moglie Sarah. Dio allora appare in sogno ad Abimelek dicendogli di restituire subito Sarah ad Abraham. altrimenti lui ed il suo popolo si sarebbero estinti. Dio è consapevole che Abimelek ha agito in buona fede, pertanto lo rassicura dicendogli che se avesse restituito Sarah al legittimo marito, Abraham "che è un profeta" avrebbe pregato per la guarigione dalla sterilità.

Ebbene, Abraham è stato definito profeta in relazione a una preghiera che doveva rivolgere a Dio per la guarigione delle donne filistee. Un tipo di "profezia" che nulla ha a che vedere con l'annuncio di oracoli divini alla maniera dei profeti dell'Antico Testamento. In sostanza, Abraham è stato profeta in una sola occasione di intercessione che non solo ha portato guarigione alla sterilità delle gherarite, ma anche a sua moglie Sarah afflitta dallo stesso problema fin dalla nascita!

Detto questo, a parlare ad Abraham o Yaaqov (e alle loro mogli) dev'essere stato un uomo, un profeta in carne ed ossa mandato da Dio. Il vero dilemma non sta nell'accettare la chiave di lettura che l'epistola agli Ebrei magnificamente ci regala, ma cercare di individuare chi poteva essere questo profeta o profeti che non vengono mai presentati per nome.

I profeti di Dio nell'epoca patriarcale erano comuni uomini in carne ed ossa

Il caso più eclatante è quello dei tre individui "sovrumani" che hanno fatto visita ad Abraham. Questi tre "uomini" (così la Scrittura li definisce) erano lì di passaggio perché diretti per la volta di Sodoma e Gomorra. Abraham li vede avvicinarsi, gli corre incontro e, riconosciutili, si prostra d'innanzi a loro (e non ci si prostrava mai d'innanzi a perfetti sconosciuti) identificando uno dei tre uomini come il Signore stesso! Abbiamo forse un caso di "pre-incarnazione" di Dio? quindi di una prima apparizione in carne ed ossa di Yeshua? Non credo sia questo il caso.

Nel mondo antico i portatori di messaggi godevano dello stesso status autoritario di colui che inviava il messaggio. All'epoca dei fatti narrati era molto comune rivolgersi a un semplice messaggero con l'appellativo di "mio signore" se non addirittura "Dio mio". Anche se uno dei tre individui che fece visita ad Abraham viene identificato con il nome divino di Yehwàh in maniera del tutto anacronistica, bisogna tenere conto che il nome divino (che Abraham neanche doveva conoscere, cfr. Es 6:3) è solo un modo per riconoscere in quella persona lì l'autorità di Colui che lo aveva mandato, cioè Dio.

L'uomo speciale che ha rivelato ad Abraham e Saràh che entro un anno sarebbero diventati mamma e papà, non fu "Dio in persona" o una "pre-incarnazione" di Yeshua, ma un profeta, un uomo in carne ed ossa di cui Dio si è servito. Ci sarebbe qualcosa di male in questo?

Abraham si rivolgeva a questo profeta come se stesse parlando a tu per tu con il mandante originale del messaggio, Dio. Un profeta che, in tutta la sua limitata umanità, aveva la necessità di andare a Sodoma e Gomorra per constatare lui stesso se le cattive voci che circolavano sulle città fossero vere. Un modo di agire che non si addice a un essere divino onnisciente.

E' meraviglioso accettare che la Bibbia sia un libro spirituale, ma è un errore "spiritualizzare" ogni cosa, incluso il "messaggero divino" che incontrò Abraham che non era affatto Dio (che nessuno ha mai visto, cfr. Gv 1:18; 6:46; 1Gv 4:12), ma un Suo rappresentante umano.


Note

  1. Moshèh, come i credenti in Yeshua di 2000 anni fa fino a oggi, è stato il primo uomo a sperimentare il contatto diretto con Dio "in spirito e verità", senza intermediari che potessero fare da tramite. Il rapporto che legava Moshèh e Dio era così speciale che il profeta veniva visto come amico di Dio, e Dio come amico di Moshèh. In che modo, quindi, Dio parlava a Moshèh senza enigmi e in modo chiaro? Attraverso la relazione che si ha con Dio per mezzo di Yeshua e dello Spirito Santo. Moshèh ha sperimentato per primo tutto questo.
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